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Saturday, 2 December , 2006 / ermes

“Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no”


Notiziario – e osservazioni – del giorno:

a) In Sudafrica si giunge ad una legge che equipara, dal punto di vista del diritto pubblico, coppie omo a unioni eterosessuali. Si tratta del primo Paese africano a procedere in tal direzione, un proceder molto simile in linea di massima agli indirizzi – pur così diversi tra loro – seguiti in Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, taluni degli Stati Uniti, Canada, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia, Islanda… Ohibò, qual Paesi incivili!

b) A Madrid, nell’Istruzione pastorale “Orientaciones morales ante la situación actual de España“, la Conferenza episcopale dello Stato iberico giunge a disquisire di un’atmosfera di “antesala del totalitarismo“, a fronte del Governo di Jorge Luis Zapatero. Naturalmente il discorso è portato al solito, alla solita maniera d’essere de’ maestri aurei ed intangibili, sempre in modo larvato, nascosto, vago, ondivago, banalizzante, affascinante (appunto a far fasci affascinando), con le pose della peggior scuola diplomatica, la scuola del detto e non detto, del parlare a nuora per far intendere a suocera, del discettar di massimi sistemi per intendere le miserrime povertà umane.

c) Di fronte a tali Soloni, meglio arrischiarsi a parlar direttamente, chiaramente, a correre il rischio – onesto! – dell’errore e dell’errare. E pertanto dichiarare di credere che lor signori derivino le proprie idee da una storia che non ha ancor fatto i conti col franchismo, col mondo culturale franchista, con gli osanna a Franco, le benedizioni alla Falange, le messe in onore del Caudillo. Dove le autocritiche? dove i ripensamenti, dove le maturazioni e rielaborazioni culturali, dove l’abolizione del Concordato con Franco, dove la discussione su Franco? dove la produzione di documentazione, l’apertura degli archivi, sul portarsi delle gerarchie e del “popolo” cattolico negli anni Trenta, eppoi Quaranta, eppoi Cinquanta, Sessanta, Settanta in Ispagna?

d) Leggasi Georges Bernanos, leggasi il dimenticato cattolico Bernanos, l’ormai senza più voce né memoria Bernanos. Leggasino i drammi e le ignavie de’ fratelli e maestri cattolici denunciate dal cattolico Bernanos ne “I grandi cimiteri sotto la luna”, leggasi quella che resta come una delle opere più devastanti, tenere, terrificanti, realistiche, tristi e dolci dell’intera letteratura mondiale del Novecento: l’opera di un uomo squarciato nel petto, perché vedeva i seguaci e vicari del Gesù di Nazareth ringraziare il Signore per gli omicidi in massa di povericristi.

9 Comments

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  1. ermes / Dec 2 2006 11:36 AM

    Si conferma il regolare proceder del quotidiano LaRepubblica, e di gran parte del giornalismo italico… attribuire altrui dei termini giammai pronunciati: nel documento della Conferenza episcopale spagnola non si parla affatto di “Spagna totalitarista”, eppure l’articolo del giornale di Piazza Indipendenza da me linkato si intitola appunto con tale virgolettato sintagma.

    Ho segnalato di proposito tale pezzo, per dire del più grave scandalo nel mondo dell’informazione nel nostro Belpaese, da niun (o quasi) denunciato e combattuto: attribuire – letteralmente – all’interlocutore di turno parole da costui mai dette. A fronte di questa imperante (da decenni) realtà non un magistrato, non un’inchiesta, non una accusa, non l”Ordine”.

    Peraltro, esulando da discorsi su onestà intellettuale, deontologia professionale, legalità delle professioni, Stato di diritto (categorie somme così spesso sbandierate dai nostri giornalisti sempre strappantisi le vesti come prefiche), è da dire che, parlando più machiavellicamente e smaliziatamente pro domo, tal modo di procedere conduce le chiuse stanze delle chiuse redazioni a prender costantemente delle cantonate fragorose.

    Spessissime volte i giornalisti perdono e si perdono negli stessi scoop che vogliono creare, esagerando la gravità della notizia, o mistificando sul quantum, sul dato (propriamente statistico) dell’accaduto, forzando i toni, caricaturando le immagini. Così offrendo il fianco alla smentita, al distinguo, alla precisazione stizzita del chiamato in causa. Così predisponendosi a passar – e giustamente – per volgari, faziosi, polemici, e quindi facendo svaporar – se ve ne fosse – anche l’importanza dell’evento segnalato, dell’osservazione manifestata. Di più, d’altro canto, giungendo al fraintendimento stesso della complessità delle situazioni su cui si vorrebbe gettar luce (se luce si vuol in buona fede gettare, e non altrimenti mirar semplicemente alla carriera alzando polveroni, o servire il potente di turno distruggendo con mezzi leciti e non leciti il fastidioso antagonista del potente di turno).

    Nel caso specifico, ad esempio, titolando l’articolo “Spagna totalitarista” credo si volesse attirar l’attenzione sul fatto che nel Paese iberico la Conferenza episcopale nazionale ormai agisce di sciabola e non più solo di fioretto, interviene mane e sera nelle questioni politiche quale organo religioso – e in quanto tale soltanto -, elargisce antologie di vecchiume difficile da ritrovare in altri consessi di pari grado nell’intera Europa (fuorché ovviamente l’Italia e altre sparutissime isole felici).

    Dispensando falsità, però, si offre la possibilità alla stessa istituzione cattolica spagnola – e soprattutto confratelli italiani vari – di spostare il piano della discussione dal merito del testo prodotto, dal merito del corpo del testo dell’Istruzione pastorale, al modo violento di far giornalismo “anticlericale” nel “laico” Vecchio continente.

    E oltretutto, quanto più mi importa, si dimostra di non aver capito il vero dramma in cui sono immersi i maestri del cattolicesimo istituzionale mondiale di inizio terzo millennio: e cioè non già lo sposar talune e non talaltre posizioni, idee, bensì il modo stesso di sposarle, il chiuso proceder per assunti, l’adorazione per l’arte retorica, la scelta della forma più che del contenuto, l’investimento nell’abito e non nell’azione, il dire e non dire, l’assommare per non distinguere, il distinguere per non assommare, il pensiero centrifugato, la vita diplomatica e non apostolica, il non parlare e parlarsi chiaramente, e piuttosto (letteralmente: più subitaneamente, ormai irriflessa-mente) scegliere il mandato a dire, il lasciare intendere, intravedere…

    Magari, voglio dire, i vescovi spagnoli (non tutti, appunto sottraiamoci alle facili retoriche) avessero detto di “Spagna totalitarista”: sarebbero stati chiari, e quindi criticabili, il loro parlare si sarebbe aperto a critica, a smentita, a dialogo. Lor signori, invece, scelgono la nuance, il grigiume, lo spendere mille parole sull’Empireo per parlar della Terra, si nascondono dietro la frase forbita, la superfetazione della riflessione arguta e arcigna, la torre d’avorio, la parafrasi della finzione, l’elaborazione di infiniti catechismi e istruzioni e indirizzi che sanno benissimo nessuno (purtroppo) leggerà mai.

  2. ermes / Dec 8 2006 10:06 PM

    Ho scoperto che solo Italia, Irlanda e Grecia, tra gli Stati europei, non prevedono riconoscimento pubblicistico delle cosiddette (complimenti per l’eufemismo) unioni di fatto… Quando si dice il Paese di Bengodi, quando si dice il Paese di Boccaccio…

  3. ermes / May 14 2007 12:45 PM

    V’è un bellissimo libro di un filosofo di più di novant’anni… e da decenni sconosciuto in Italia…
    Lo scisma sommerso” di Pietro Prini è opera straordinaria che dice di una fede che purtroppo si fa regola e non misura d’amore…
    A tale testo ho subito pensato nel leggere un articolo oggi apparso sulla stampa:

    “Fuga” dopo il catechismo – Il Sole 24 Ore 14.05.07

  4. ermes / Nov 16 2007 4:23 PM

    “..con il regime che reprime e la Chiesa che benedice“.

  5. Ciro / Jan 30 2008 12:30 PM

    Che non si dica che in Italia il Diritto è statico

  6. Lino Popo / Feb 11 2008 6:17 PM

    Non dite nulla a Volonté…

  7. Eva Approv / Apr 13 2009 10:56 PM

    A proposito di Paesi civili

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